Rapporti AlmaLaurea 2018 su Profilo e Condizione occupazionale dei laureati

Occupazione in crescita, ma diminuiscono i contratti a tempo indeterminato. Il contesto familiare ha ancora un forte effetto sulle opportunità formative. Guarda i video.

Il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea ha presentato i Rapporti 2018 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale (XX edizione) in occasione del Convegno “Mutamenti strutturali, laureati e posti di lavoro”, presso l’Università di Torino, lunedì 11 giugno 2018.

Le Indagini hanno coinvolto i laureati di 74 università aderenti al Consorzio. Il Rapporto di AlmaLaurea sul Profilo dei laureati ha analizzato le performance formative di oltre 276 mila laureati nel 2017: in particolare, 157 mila laureati di primo livello, 81 mila laureati magistrali biennali e 36 mila laureati magistrali a ciclo unico. Il Rapporto di AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale ha analizzato oltre 630 mila laureati di primo e secondo livello degli anni 2016, 2014 e 2012 contattati, rispettivamente, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. "Se prima eravamo definiti come una banca dati con tutto il senso di staticità legato a questo concetto - ha spiegato il Direttore di AlmaLaurea Marina Timoteo presentando i Rapporti - ora con il nuovo Statuto approvato dai nostri Consorziati nel 2016 siamo riconosciuti come sistema di informazioni, una realtà dinamica che si muove nei flussi dei sistemi di informazione del mondo contemporaneo".

 

Rapporto 2018 sul Profilo dei laureati

I laureati del 2017 hanno un’età media alla laurea di 26 anni (nel 2016 era 26,1 anni), diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma (27 anni nel 2007). Si conferma la tendenza positiva sulla regolarità degli studi: quest’anno per la prima volta si registra la laurea in corso per più della metà dei laureati (51,1%). Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato negli ultimi anni ed è pari a 102,7 su 110.

Le donne rappresentano il 59,2% del totale (dato già noto e consolidato: le donne da tempo costituiscono oltre la metà dei laureati in Italia e il sorpasso è avvenuto nell’a.a. 1991/92 in Italia).

Si osserva che il contesto familiare ha un forte effetto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rileva una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono infatti il 29,5%.

Come la mobilità intergenerazionale, anche quella territoriale relativa alla scelta della sede di studio, resta decisamente limitata. Anche questo è un esito già messo in rilievo dalle precedenti indagini, che si conferma. Nel 2017 quasi la metà dei laureati (46,2%) ha conseguito il titolo nella stessa provincia in cui ha ottenuto il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Il 23,9% degli studenti si trasferisce dal Mezzogiorno negli atenei del Centro e del Nord. La mobilità territoriale ha riguardato più frequentemente i ragazzi che hanno un background socio-culturale più elevato: il 36,1% di chi ha compiuto migrazioni di lungo raggio ha almeno un genitore laureato, contro il 28,3% di chi è rimasto nella medesima ripartizione geografica. “La mobilità è un bene, ma non c’è il movimento inverso – afferma il Presidente di AlmaLaurea Ivano Dionigi -. Abbiamo una gioventù stupenda che rappresenta la speranza del Paese, ma sono clandestini, non riconosciuti e non riconoscibili. E’ un delitto non occuparsi di loro, e il Sud rischia di diventare un guscio vuoto se non si provvede incentivando il movimento inverso”.

La quota di laureati di cittadinanza estera, aumentata apprezzabilmente negli ultimi 10 anni, è del 3,5%. La maggior parte dei laureati stranieri (57,1%) è arrivata in Italia dopo il diploma di scuola secondaria superiore, ma è crescente la quota di giovani stranieri che provengono da famiglie già residenti in Italia. Per quanto riguarda la provenienza, il 52,1% dei laureati esteri proviene dall’Europa, in particolare da Albania e Romania. Il 9,2% dei laureati stranieri provenienti da Paesi extra europei arriva dalla Cina (quota che è cresciuta notevolmente negli ultimi anni).

Attraverso specifici approfondimenti AlmaLaurea mostra che fare un’esperienza di studio all’estero con un programma europeo o svolgere un tirocinio curriculare o avere lavorato durante gli studi, a parità di condizioni, aumenta le chance di trovare un lavoro ad un anno dalla conclusione degli studi. Nello specifico, le esperienze di studio all’estero con programmi europei aumentano le chance occupazionali del 14,0%, i tirocini del 20,6% e aver lavorato occasionalmente durante gli studi del 53,0%.

 

Rapporto 2018 sulla Condizione occupazionale dei laureati

A un anno dalla laurea lavora il 71,1% dei laureati di primo livello (+2,9% rispetto al 2006) e il 73,9% dei magistrali biennali (+3,1%). Per il quarto anno consecutivo si registra una diminuzione del tasso di disoccupazione; rispetto al 2013 il calo è di 9,2 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per quelli magistrali biennali (nell’ultimo anno la contrazione è, per entrambi i collettivi, di 3,4 punti percentuali).

Per quanto riguarda la tipologia contrattuale, l’attività autonoma (liberi professionisti, lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) riguarda il 12,9% dei laureati di primo livello e il 7,3% dei laureati magistrali biennali occupati: entrambi i valori sono in diminuzione rispetto all’indagine dell’anno scorso (rispettivamente, -1,5 e -1,4 punti percentuali). Anche i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato risultano in calo rispetto all’indagine dell’anno scorso: tra i laureati di primo livello tale quota è pari al 23,5% (-5,5 punti percentuali rispetto al 2016); tra i laureati magistrali biennali è pari al 26,9% (-7,0 punti percentuali rispetto al 2016). Nell’ultimo anno si registra invece un aumento dei contratti non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) pari al 38,1% per i laureati di primo livello e al 34,3% per i magistrali biennali (rispettivamente, +5,2 e +6,9 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione).

La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, pari a 1.107 euro per i laureati di primo livello e 1.153 euro per i laureati magistrali biennali. Seppure rispetto allo scorso anno non si registrino variazioni di rilievo, nell’ultimo quadriennio le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) percepite dai laureati ad un anno risultano in aumento: +9,7% per i laureati di primo livello, +9,9% punti percentuali per i magistrali biennali. L’incremento evidenziato non è però ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo 2008-2013 (-23,2% per il primo livello, -19,5% per i magistrali biennali).

Resta vero che laurearsi conviene. All’aumentare del livello del titolo di studio posseduto diminuisce il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione. Generalmente i laureati sono in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, disponendo di strumenti culturali e professionali più adeguati. I laureati godono di vantaggi occupazionali significativi rispetto ai diplomati di scuola secondaria superiore durante l’arco della vita lavorativa: nel 2017, il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 è il 78,3% tra i laureati, contro il 65,5% di chi è in possesso di un diploma. Inoltre, nel 2013 un laureato guadagnava il 41,2% in più rispetto ad un diplomato di scuola secondaria superiore. Certo, il premio salariale della laurea rispetto al diploma, in Italia, non è elevato come in altri Paesi europei (+52,6% per l’UE22, +66,3% per la Germania e +53,0% per la Gran Bretagna), ma è comunque apprezzabile e significativo e simile a quello rilevato in Francia (+54,4%).

 

Condizione occupazionale dei laureati (XX Indagine 2018)

Consulta la sintesi (pdf)

 

Profilo dei laureati  (XX Indagine 2018)
 

Consulta la sintesi (pdf)

 

Comunicato stampa

 

Guarda i video e gli atti del Convegno

 

 

 

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