
In fuga dall’Italia
Nella trasmissione radiofonica “Grand Reportage”, andata in onda lo scorso 7 maggio sulla radio francese RFI, Radio France International, il reporter Altin Lazaj è inviato in Italia per tracciare il quadro della situazione dei giovani laureati italiani all’alba delle elezioni europee. “Italia, i giovani fuggono dalla crisi” così titola il programma. A documentare il disagio e il ritardo del nostro Paese sono le testimonianze raccolte da Lazaj nel suo viaggio lungo lo stivale: studenti universitari, professori, giovani professionisti, imprenditori, laureati che hanno scelto di emigrare oltreconfine. Tante voci che mettono in fila con occhio clinico i grandi mali d’Italia, figli della crisi o forse no, semplici frutti di un modo d’essere all’italiana che tiene in scacco le nuove generazioni e non investe sui suoi talenti migliori. Ecco allora sfilare uno dopo l’altro il tasso di disoccupazione, la precarietà, le lauree multiple, gli stage non remunerati e senza nessuna prospettiva di assunzione. E ancora, la modesta valorizzazione, anche in termini retributivi, che il nostro sistema Paese riesce a garantire ai laureati, la mancanza di strumenti adeguati per le famiglie, l’assenza della politica, la scarsa meritocrazia. L’elenco è lunghissimo e lascia l’amaro in bocca.
Gioco forza, dal servizio ne esce un’Italia che sforna giovani talenti e poi li spinge a fuggire. “Qui ci si forma, si studia e poi si fa la valigia alla ricerca di opportunità in Paesi come Francia, Germania, Svizzera ma anche Stati Uniti, Asia, Cina” commentano i laureati. E in Italia? Non viene nessuno. “Così - spiega Lazaj - mentre la popolazione italiana invecchia, il problema della “fuga dei cervelli” si intensifica”.
Un circolo vizioso senza fine. A dar prova della forte situazione di disagio presente nel Paese c’è anche il professor Andrea Cammelli, fondatore e direttore di AlmaLaurea, che partendo dai numeri del XVI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati racconta: “In tutti i paesi europei, tra il 2007 e il 2012, l’occupazione dei laureati universitari è aumentata; l’Italia è l’unico paese dove l’occupazione dei giovani si è ridotta. Perché? I migliori studenti lasciano il Paese e trovano lavoro in aziende leader a livello mondiale, in Francia, in Germania, nel Regno Unito o in Svizzera: attualmente il 5% dei laureati fugge dal nostro Paese, erano solo il 2% qualche anno fa”. “In Italia - precisa Cammelli - un neolaureato impiega almeno cinque anni per essere valorizzato, mentre altrove il suo inserimento professionale è molto più veloce, e ha delle prospettive di crescita e di guadagno due volte più elevate”. “Un paradosso - così lo definisce il direttore di AlmaLaurea - nel quale si è impantanato lo Stato Italiano, che spende soldi per formare i giovani ma, non riuscendo a proporre loro un futuro lavorativo, non raccoglie i frutti della formazione impartita”. Non a caso, tra i paesi dell’area OCSE, l’Italia si trova all’ultimo posto per quanto riguarda il budget dedicato all’insegnamento superiore, così come per la ricerca e lo sviluppo: “Non spendiamo niente, coma facciamo a crescere?” si domanda Cammelli. “La Francia, per esempio, spende molto di più così come quasi tutti i paese dell’Ue”.
E il problema della disoccupazione si ritrova a tutti i livelli di istruzione. “Tra il 2007 e il 2012 - commenta ancora Cammelli - l’occupazione dei laureati è scesa del 6,5%, mentre quella dei diplomati di scuola secondaria del 15%; per i meno qualificati, che hanno abbandonato la scuola, la diminuzione è invece del 23%”. Per tutti questi motivi, i giovani non ritornano in Italia. “Spesso l’esperienza all’estero si trasforma in una vera e propria migrazione, a causa dell’assenza di prospettive lungo tutta la penisola” argomenta Lazaj. “Se non è la prima volta che l’Italia attraversa un periodo di emigrazione in massa, questa volta la differenza è che gli emigranti sono sempre più qualificati, e che provengono non solo dal Sud ma anche dalle regioni ricche del Nord” chiosa il reporter interrogandosi sulla continuità tra l’università e il mondo del lavoro, con la constatazione che molti laureati italiani provengono da percorsi che non sono davvero relazionati con la realtà socio-economica del Paese, al contrario di quanto accade in Germania dove l’istruzione è anche orientata al mercato reale. Una considerazione nella quale si iscrive senza dubbio la vocazione di AlmaLaurea che da vent’anni lavora per creare un ponte tra università e mondo del lavoro e favorire una migliore comprensione reciproca non solo in Italia e ma anche in molti paese dell’area Euro Mediterranea.