In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, AlmaLaurea ha elaborato il Focus Gender Gap 2025 per approfondire le performance formative e professionali delle donne, con un occhio particolare all'ambito STEM.
Il focus analizza e confronta le performance, formative e occupazionali, di donne e di uomini e si basa sui più recenti Rapporti realizzati da AlmaLaurea: il Rapporto 2024 sul Profilo dei laureati, che ha coinvolto circa 300 mila laureati del 2023 di 78 Atenei, e il Rapporto 2024 sulla Condizione occupazionale dei laureati, che ha coinvolto circa 660 mila laureati di 78 atenei a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.
LE DONNE E L’UNIVERSITÀ
Il Rapporto 2024 sul Profilo dei laureati mostra che tra i laureati del 2023, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (60,0%), la quota delle donne che si laureano in corso è pari al 64,0% (è 57,9% per gli uomini) con un voto medio di laurea uguale a 104,8 su 110 (è 102,9 per gli uomini); occorre sottolineare che ciò è frutto anche dei diversi percorsi formativi intrapresi. In ogni caso, le donne ottengono voti di laurea superiori agli uomini praticamente in tutti i gruppi disciplinari, ad eccezione di quello letterario-umanistico.
Le donne si iscrivono all’università spinte da forti motivazioni culturali (30,6% rispetto al 27,6% degli uomini) e svolgono un buon numero di tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea (64,5% delle donne rispetto al 54,9% degli uomini).
Le laureate inoltre provengono in misura maggiore da contesti familiari meno favoriti sia dal punto di vista culturale sia socio-economico. Così il 28,8% delle donne ha almeno un genitore laureato rispetto al 35,2% degli uomini. Peraltro, le donne sono meno coinvolte dal fenomeno dell’ereditarietà del titolo di laurea, soprattutto se quest’ultimo afferisce alle discipline che indirizzano verso la libera professione: tra i laureati a ciclo unico con almeno un genitore con titolo di studio universitario, infatti, ereditano la medesima laurea dei genitori il 33,2% delle donne rispetto al 45,6% degli uomini. Il differenziale di genere permane considerando anche lo status socio-economico: il 20,9% delle donne proviene da una famiglia di estrazione sociale elevata rispetto al 24,8% degli uomini. Non stupisce quindi che tra le donne sia maggiore la percentuale di chi ha usufruito di borse di studio: il 28,5% delle donne rispetto al 23,9% degli uomini.
LE DONNE E IL MERCATO DEL LAVORO
Il Rapporto 2024 sulla Condizione occupazionale dei laureati registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere.
Su tale aspetto AlmaLaurea ha sviluppato un approfondimento ad hoc evidenziando che tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere, in termini occupazionali, si confermano significative e pari a 3,4 punti percentuali: il tasso di occupazione è dell’86,8% per le donne e del 90,2% per gli uomini.
A un lustro dal titolo tra le donne sono meno diffusi i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (49,9% rispetto al 56,1% degli uomini), mentre risultano più frequenti i contratti a tempo determinato (17,0% rispetto al 9,9% degli uomini).
È naturale che queste differenze siano legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; queste ultime, infatti, tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.
Le differenze di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo, si parla del c.d. Gender Pay Gap. A cinque anni dal titolo, tra i laureati di secondo livello che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, le donne dichiarano di percepire 1.711 euro netti mensili, rispetto ai 1.927 euro degli uomini, con un differenziale del 12,6%.
I dati evidenziano differenze anche rispetto al tipo di professione svolta: a cinque anni dal titolo svolge un lavoro a elevata specializzazione (compresi gli imprenditori e l’alta dirigenza) il 63,1% delle donne e il 65,9% degli uomini.
La lettura dei dati conferma che le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli. Il forte divario in termini occupazionali e retributivi tra donne e uomini, infatti, aumenta in presenza di figli.
Isolando quanti non lavoravano alla laurea, il differenziale occupazionale a cinque anni dal conseguimento del titolo è pari a 2,3 punti percentuali tra quanti non hanno figli (il tasso di occupazione risulta pari all’86,8% per le donne, rispetto all’89,1% per gli uomini); tale differenziale sale addirittura a 18,2 punti percentuali tra quanti, invece, hanno figli (il tasso di occupazione risulta pari al 76,7% per le donne, rispetto al 94,9% per gli uomini). Anche in termini retributivi si confermano differenze significative (in tale analisi si considerano quanti hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea e lavorano a tempo pieno): se tra i laureati senza figli il differenziale retributivo è del 12,0%, tra i laureati con figli tale differenziale retributivo tende a raddoppiare (+21,0%).
LAUREATE NEI PERCORSI STEM: PIÙ BRAVE MA COMUNQUE PENALIZZATE
Il Rapporto 2024 sul Profilo dei laureati 2023 mette in evidenza la diversa composizione per genere tra i laureati STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), dove la componente maschile è più elevata e raggiunge il 58,6%, rispetto al 41,4% di quella femminile; ciò riguarda in particolare i gruppi Informatica e tecnologie ICT e quello di Ingegneria industriale e dell'informazione, dove la presenza maschile supera addirittura i due terzi. Tale risultato è in controtendenza con quanto rilevato sul complesso dei laureati 2023 dove, al contrario, è la componente femminile ad essere preponderante rispetto a quella maschile. Negli ultimi anni, tuttavia, tra i laureati STEM il vantaggio della componente maschile si sta leggermente riducendo: nel 2019, infatti, gli uomini rappresentavano il 59,8% mentre le donne il 40,2%, con un differenziale di quasi 20 punti.
Laureate STEM più motivate e con performance migliori
Le donne si iscrivono ad un percorso STEM spinte da forti motivazioni culturali (30,3% rispetto al 25,0% degli uomini, +5,3 punti percentuali) e svolgono un buon numero di tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea (61,3% delle donne rispetto al 49,2% degli uomini, ben 12,1 punti percentuali in più degli uomini). Le differenze di genere in ambito STEM su questi aspetti sono superiori a quelle registrate sul complesso dei laureati del 2023.
Le donne, tradizionalmente più performanti negli studi universitari, sia in termini di voto sia in termini di regolarità negli studi, mostrano risultati migliori rispetto agli uomini anche nei percorsi STEM: sono infatti caratterizzate da un voto medio di laurea più alto (104,5 su 110, rispetto al 102,6 degli uomini) e da una migliore riuscita in termini di regolarità negli studi (tra le donne il 58,1% ha concluso gli studi nei tempi previsti rispetto al 52,7% degli uomini). Sulla riuscita universitaria le differenze di genere nell’ambito STEM sono in linea con quelle del complesso dei laureati.
Stabilità, utilità sociale, indipendenza: queste le aspettative delle donne STEM
Il 68,2% delle donne, rispetto al 61,3% degli uomini intendono proseguire la propria formazione; inoltre, le laureate STEM nella ricerca del lavoro danno maggiore rilevanza ad alcuni aspetti.
Le donne ricercano più degli uomini lavori stabili (il 76,9%, +11,5 punti percentuali) e danno maggiore importanza rispetto ai colleghi all’utilità sociale del lavoro (il 45,4%, +11,6 punti percentuali) e all’indipendenza/autonomia (il 63,8%, +9,5 punti percentuali). È interessante notare che la rilevanza attribuita dalle donne in area STEM a questi tre aspetti del lavoro è in costante aumento dal 2015 al 2023, precisamente per la stabilità (+6,4 punti percentuali rispetto al 2015), per l’utilità sociale del lavoro (+8,8 punti percentuali) e per l’indipendenza e autonomia (+15,6 punti percentuali).
Il gender gap nel mondo del lavoro per le laureate STEM è più contenuto e in lieve flessione ma le donne sono ancora penalizzate
Il Rapporto sulla Condizione occupazionale a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello mostra elevati livelli occupazionali sia per gli uomini sia per le donne: tra i laureati STEM, infatti, il tasso di occupazione è pari al 90,1% per le donne e al 92,6% per gli uomini, con un differenziale pari a -2,5 punti percentuali (è -3,4 punti sul complesso dei laureati di secondo livello). Tale differenziale risulta più che dimezzato rispetto a quanto rilevato nel 2019 tra i laureati STEM (-5,9 punti percentuali sempre a svantaggio delle donne).
Isolando coloro che hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, tra i laureati STEM la retribuzione mensile netta è, in media, di 1.798 euro tra le donne e 2.025 euro tra gli uomini. Anche in termini retributivi, dunque, gli uomini risultano avvantaggiati rispetto alle donne, percependo il 12,6% in più (valore in linea con il dato rilevato sul complesso dei laureati di secondo livello).
L’analisi temporale, tuttavia, mostra una tendenziale riduzione del gender pay gap (nel 2019, infatti, tra i laureati STEM gli uomini percepivano il 19,0% in più rispetto alle donne).
In termini di caratteristiche del lavoro svolto, tra le donne STEM si rileva una minore diffusione dei contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (-15,1 punti percentuali) e una maggiore diffusione delle attività in proprio (+5,0 punti; si tratta in particolare di studi professionali di architettura), dei contratti alle dipendenze a tempo determinato (+4,9 punti) e delle attività sostenute da borsa o assegno di studio o di ricerca (+3,5 punti).