Reverse mentoring in azienda, perché fa bene e come attuarlo

Lavoratori più giovani che “salgono in cattedra” all’interno di un’azienda per insegnare ai professionisti con maggiore esperienza. È il reverse mentoring, una forma di tutoraggio all’inverso che stravolge le consuetudini dell’engagement all’interno di un team, inmodo aperto, costruttivo, senza scontri generazionali, ma anzi in un’ottica proattiva che ha ben presente l’obiettivo comune. Ma vediamo, più nel dettaglio, che cos’è il reverse mentoring e come è possibile realizzarlo perché diventi realmente un valore aggiunto per la tua impresa. 
 

Che cos’è il reverse mentoring

Il termine mentoring deriva dalla cultura greca: Mentore era il saggio maestro al quale Ulisse in partenza per la guerra di Troia affidò il figlio Telemaco. Da allora il termine mentore entrò in uso per indicare un tutor che ha un ruolo fondamentale all’interno del processo di apprendimento, in cui il mentor, la persona esperta e più anziana, guida l'allievo (il mentee) nello sviluppo delle conoscenze e delle competenze richieste nel suo percorso professionale. Nel mondo del lavoro, il mentoring si applica da tempo a una varietà di contesti organizzativi e lavorativi, dove viene utilizzato un modello tradizionale che ha come obiettivo la formazione e la preparazione dell’allievo. 

Con l’avvento della information technology la situazione si è ribaltata. La data di nascita “ufficiale” del reverse mentoring è il 1999, in concomitanza con la sempre maggiore diffusione di internet. Alla General Electrics si decise di assumere giovani esperti nell’uso della Rete, per affiancare e sostenere i lavoratori che non possedevano competenze specifiche. Da allora si iniziò a riconoscere il valore aggiunto dei più giovani sul posto di lavoro: anche se meno esperti, infatti, possiedono competenze da nativi digitali che possono condividere, aiutando i più senior ad acquisire maggiore dimestichezza nell’uso delle nuove tecnologie. Le nuove generazioni sono un vero serbatoio di risorse per diverse professioni, dall’educazione scolastica all’apprendimento delle lingue straniere, dalla formazione medica a molti altri campi occupazionali. Oggi, il potenziale di questo tutoraggio intergenerazionale è sempre più riconosciuto.
 

Su quali aspetti si fonda?

Il reverse mentoring si fonda sull'inversione dei ruoli tradizionali di mentore e allievo e su una nuova relazione reciproca e temporalmente stabile tra un mentore meno esperto che fornisce conoscenze specialistiche specifiche e un allievo più esperto che desidera acquisire questa conoscenza. All’interno di questa relazione, entrambe le parti acquistano benefici: nel percorso di impegno verso un obiettivo condiviso, si instaura una relazione di apprendimento reciproco e collaborazione, per cui il più anziano apprende dal giovane e lo ricambia con preziosi insegnamenti dettati dall’esperienza e da competenze acquisite nel corso di anni. Il reverse mentoring è quindi uno strumento imprescindibile per colmare quel gap generazionale che si rivela spesso limitante e che finisce per danneggiare l’ambiente di lavoro.
 

I benefici del reverse mentoring in azienda 

Se correttamente applicato fin dalle prime fasi del team building, il reverse mentoring apporta molti vantaggi all’interno dell’azienda. Nello specifico, può contribuire a:

  • Migliorare le competenze digitali delle generazioni più anziane, un’urgenza soprattutto per il nostro Paese dove siamo indietro rispetto ad altri stati europei, come mostrano alcuni dati dell’Istat
  • Far crescere da entrambe le parti una professionalità non solo lavorativa ma anche umana, più aperta e consapevole dei propri limiti e delle capacità altrui. 
  • Sviluppare una cultura aziendale condivisa sul tema dell’apprendimento e della crescita, personale e professionale.
  • Aggiungere valore alle attività di employer branding, con maggiori capacità di attrarre giovani talenti, coinvolgerli e valorizzarne le potenzialità.
  • Mantenere un’azienda sempre giovane e dinamica, aperta alle innovazioni e quindi competitiva
  • Aumentare le capacità di leadership dei giovani coinvolti, valorizzando le loro skills già all’inizio della carriera e quindi facendoli sentire più partecipi in attività e progetti
  • Contribuire a una maggiore employee retention perché i lavoratori si sentono più coinvolti e gratificati. Il risultato è che si riduce il turnover del personale, a vantaggio della continuità di piani e progetti.
  • Rendere l’azienda un esempio virtuoso di inclusione non solo di generazioni, ma anche di culture e di genere, contribuendo a una maggiore integrazione anche dal punto di vista sociale, al di fuori dell’ambito lavorativo.

     

Reverse mentoring in azienda: come applicarlo

Perché tutti i benefici del reverse mentoring possano esplicarsi in modo completo, a vantaggio dei lavoratori e dell’azienda stessa, è importante attuare una strategia per applicarlo nel modo più completo ed efficace. Ecco qualche esempio per sapere da dove partire: 
 

Definire l’obiettivo finale

Per sapere quali figure professionali di mentor e di mentee coinvolgere e quale strategia seguire, è necessario fin dall’inizio avere ben definito l’obiettivo che si desidera raggiungere stabilendo un piano chiaro e condiviso. 
 

Pianificare un programma chiaro

Il secondo passaggio consiste nello stabilire alcune caratteristiche della strategia aziendale stessa, definendo gli spazi dedicati al progetto, le figure professionali da coinvolgere, la durata dell’iniziativa, le modalità di collaborazione e confronto tra i partecipanti, gli strumenti di monitoraggio. 
 

Creare abbinamenti vincenti

La chiave dell’efficacia del reverse mentoring sta nell’abbinare le professionalità giuste, che possano integrare con successo le rispettive competenze mettendo da parte tornaconti personali, possibile competitività intergenerazionale e che siano in grado di valorizzare reciprocamente le proprie skills in vista del successo del progetto. Per questo è importante affiancare mentor e mentee che siano disposti, anzi entusiasti di collaborare tralasciando bias e pregiudizi che possono a volte essere presenti per appartenenza anagrafica e competenze. 
 

Stabilire le modalità di mentoring

È opportuno iniziare con un kick-off introduttivo, per focalizzare tra mentor e menteel’appartenenza reciproca al progetto e definire l’importanza dello scambio di competenze. Gli incontri potranno essere svolti in presenza oppure a distanza grazie alle disponibilità rese possibili dalle nuove tecnologie. Oppure si può optare per una modalità mista, con confronti face to face e altri mediante videocall o altri sistemi virtuali. Il mentoring può essere one-to-one oppure di gruppo, quindi insieme con più persone oltre ai principali attori coinvolti. 
 

Controllare i progressi

Lo “stato dei lavori” va monitorato periodicamente per valutare i progressi, individuare e risolvere eventuali criticità, verificare l’effettivo trasferimento di competenze e accertarsi che, oltre al raggiungimento del risultato, anche il grado di soddisfazione delle persone coinvolte sia assicurato. Questo aiuta a correggere errori e avalorizzare i punti di forza.

Risulta chiaro, quindi, come il reverse mentoring non possa più essere considerato un plus, ma un fattore imprescindibile che dà valore aggiunto ad un progetto e all’impresa stessa. 

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