Trasparenza salariale: cos’è e cosa cambia per gli HR specialist

Trasparenza salariale: cos’è e cosa cambia per gli HR specialist

Lo stipendio è da sempre un dato personale protetto dal segreto salariale, ma qualcosa sta cambiando. Dal 2026, infatti, con l’entrata in vigore della direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale, le aziende che operano nei Paesi europei sono chiamate a mettere in atto azioni concrete per favorire il raggiungimento dell’equità salariale. I lavoratori potranno ottenere informazioni sulle retribuzioni medie dei colleghi che svolgono mansioni pari o similari e, in fase di colloquio con gli HR, conoscere chiaramente i range retributivi. Lo scopo è quello di adottare sistemi retributivi equi, contrastare il gender pay gap ed eventuali discriminazioni per un luogo di lavoro rispettoso e inclusivo. Ma quali sono le principali novità della normativa, le sfide di chi si occupa di risorse umane e le opportunità per l’impresa? Vediamolo subito.
 

Che cos’è la trasparenza salariale 

La trasparenza salariale comprende l’insieme di best practices e politiche aziendali con cui l’azienda stabilisce le retribuzioni per i vari ruoli della società. Queste informazioni possono essere richieste dal personale già assunto, in ogni momento del percorso lavorativo, e vanno condivise in fase di reclutamento e di selezione del personale. 

Ciò non significa che l’impresa debba diffondere dati sensibili, come le buste paga dei propri dipendenti e collaboratori, ma è tenuta a specificare

  • gli stipendi medi per ciascuna mansione;
  • i parametri impiegati per definire la paga, con massima chiarezza e accessibilità.

 

Trasparenza retributiva: le novità del 2026 con l’arrivo della direttiva europea 

Dal 7 giugno 2026, data di entrata in vigore la direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza salariale, i business che operano nei Paesi dell’Unione Europea dovranno attenersi a precisi requisiti di conformità. Ecco i principali.
 

1. Stipendi chiari già durante la ricerca di lavoro

Durante il processo di selezione, lo stipendio previsto per una nuova mansione ricercata in azienda va sempre inserito nell’annuncio di lavoro. Inoltre, il recruiter non è tenuto a chiedere ai candidati la RAL precedente.

2. Diritto di informazione e richiesta

L’impresa è tenuta a condividere le griglie di retribuzioni medie dei dipendenti con i lavoratori che ne fanno richiesta, ma non l’esatto contenuto di una busta paga di un collega. L’azienda ha tempo due mesi per rispondere in forma scritta alla domanda, con i dati disaggregati per genere, spiegando anche i criteri di determinazione del salario.

3. Pubblicazione dei dati sul gender gap interno 

Dal 7 giugno 2026 le aziende con oltre 250 dipendenti avranno il compito di redigere annualmente una relazione sul divario retributivo di genere. Le regole cambiano a seconda del numero di dipendenti: 

  • dai 150 ai 249, la relazione è necessaria ogni tre anni e a partire dal 7 giugno 2027;
  • dai 100 ai 149, la comunicazione è legata ai soli dati retributivi, senza una relazione;
  • sotto i 100, la comunicazione è volontaria. 

Chi presenta un divario maggiore al 5% è tenuto a correggere il dato con misure correttive e una valutazione congiunta delle retribuzioni con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per prevenire ogni disparità. 
 

I vantaggi della trasparenza salariale per le aziende 

Al di là dell’entrata in vigore della normativa europea, condividere in modo chiaro i range retributivi e i criteri di definizione degli stipendi porta vantaggi concreti alle imprese. Adeguarsi già da ora è utile per

  • migliorare la reputazione, attirare talenti e stimolare l’employer branding, proponendosi come business attento alla gender equality, all’inclusione lavorativa e ai bisogni dei dipendenti e dei collaboratori;
  • aumentare la retention, e trattenendo i talenti alla ricerca di ambienti di lavoro che fanno stare bene;
  • evitare eventuali rischi legali legati a possibili discriminazioni salariali e disparità ingiustificate;
  • dedicarsi a una cultura del merito, che premia chi dimostra competenze e capacità reali, indipendentemente dal sesso, dall’età e dalle origini.

Il dato salariale è importante anche durante la fase di ricerca del personale. Inserire il compenso negli annunci di lavoro (social media compresi) rappresenta un vantaggio competitivo per l’azienda per attirare i candidati passivi in cerca di imprese con cui instaurare rapporti lavorativi duraturi.

Inoltre, la trasparenza retributiva è un’occasione per migliorare la visibilità degli annunci, attirando solo persone interessate alla posizione di lavoro e facilitando il processo di selezione e assunzione. Inserendo il dato retributivo, anche le contrattazioni si semplificano: le aspettative delle parti sono chiare, limitando i dissidi e le incomprensioni. 
 

I benefici dell’abolizione del segreto salariale per i lavoratori e i candidati 

Chi ha un rapporto trasparente con l’impresa e una maggiore consapevolezza sui dati salariali, beneficia di

  • parità retributiva, nel rispetto delle persone, senza discriminazioni retributive basate sul genere, stereotipi e bias cognitivi;
  • maggiori stimoli e motivazioni, prevenendo l’insoddisfazione sul posto di lavoro dovuta a poca trasparenza e disparità retributive;
  • conflittualità ridotta, favorendo un clima lavorativo sereno, equo e collaborativo in cui fare lavoro di squadra fra i colleghi.
     

L’importanza della direttiva UE sulla trasparenza salariale per superare il gender pay gap

Ogni persona dovrebbe ricevere uno stipendio equo ed essere premiata per le proprie competenze, in assenza di pregiudizi. Se ci focalizziamo sulla sola diversità salariale uomo-donna, per esempio, si notano ancora molteplici discrepanze. Secondo il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, infatti, servono ancora 123 anni per raggiungere la piena parità salariale. Inoltre, secondo la statistica Eurostat 2025, in Europa le donne guadagnano mediamente il 12% in meno all’ora rispetto agli uomini.

E in Italia? Secondo il Rendiconto di genere 2024 dell’Inps, nel Belpaese le professioniste percepiscono oltre il 20% in meno rispetto ai colleghi. Tutto questo nonostante la legge sulla parità salariale 903/1977, la 162/2021 che incentiva le aziende che adottano politiche di parità retributiva e la certificazione UNI/PdR 125:2022, obbligatoria solo per le imprese con più di 50 dipendenti che intendono accedere a incentivi fiscali e bandi. 

La normativa UE si integra alle leggi italiane per promuovere l’equità e contrastare il divario economico, anche di genere. Ma quando si rispetta il principio dell’equità salariale? Per esempio, decidendo lo stipendio dei candidati in base a fattori oggettivi come l’esperienza, le hard skills e soft skills, le competenze digitali e il loro ruolo, offrendo bonus e indennità identiche a tutte le risorse, senza differenziazioni di genere, età o etnia.
 

Stipendi trasparenti: come le aziende italiane possono prepararsi all’arrivo della direttiva UE

Il governo italiano, come gli altri Paesi europei, ha tempo fino al 7 giugno del 2026 per recepire la direttiva europea sulla trasparenza salariale e proporre un decreto legislativo ad hoc. Nel frattempo diverse aziende hanno già attuato politiche interne per uniformarsi al decreto UE, adottando misure preventive, come: 

  • l’impiego di audit interni per identificare eventuali disparità e correggerle;
  • l’identificazione di precisi criteri retributivi per lo stipendio e la crescita professionale, da documentare in forma scritta;
  • l’adozione di sistemi completi e comprensibili per fornire informazioni chiare e precise sui compensi e i bonus ai dipendenti che ne fanno richiesta;
  • la diffusione di un piano di comunicazione per informare i dipendenti sulle novità della normativa UE e i cambiamenti apportati in azienda;
  • la formazione del personale amministrativo e dei responsabili HR sulle nuove procedure di gestione dei dati remunerativi dei dipendenti e sulle novità rispetto ai processi di selezione;
  • l’avvio di un dialogo costruttivo con i sindacati per colmare le eventuali discrepanze reddituali con misure correttive. 

Le imprese che non si adegueranno alle direttive andranno incontro a sanzioni, ma soprattutto rischieranno una perdita di credibilità agli occhi degli stakeholders a partire dai dipendenti, fino ai potenziali candidati, ai clienti e agli investitori.
 

Come cambia la selezione del personale con la trasparenza salariale

Con la fine del segreto salariale in Italia, cambia anche il processo di recruiting e policy dei candidati. Gli HR specialist sono chiamati a

  • aggiornare gli annunci di lavoro, prevedendo una fascia retributiva congrua per ruoli e posizioni;
  • migliorare la candidate experience, evitando di chiedere ai talenti informazioni sui precedenti stipendi durante il colloquio di lavoro;
  • conoscere i criteri aziendali per la determinazione dei compensi e le progressioni della carriera;
  • assicurarsi che i software siano aggiornati, pronti a raccogliere e analizzare i dati necessari per il reporting relativo ai criteri salariali e ai divari di genere. 

 

Le opportunità per gli HR specialist

Le criticità legate a questa evoluzione si possono di solito risolvere instaurando un clima di fiducia nel luogo di lavoro, motivando i dipendenti con politiche di crescita interna e wellbeing in azienda per trattenere i talenti. Inoltre, è bene valorizzare anche i lavoratori storici aggiornando gradualmente i loro compensi, stimolandoli in un avanzamento di carriera. 

Adeguarsi alla normativa oggi significa rafforzare la propria reputazione come datore di lavoro attento alla parità, al benessere e al merito.

Con AlmaLaurea srl si può affrontare al meglio questo cambiamento: grazie ai nostri servizi di recruiting, selezione, employer branding ed eventi, supportiamo la tua impresa nell’individuare e attrarre i talenti più in linea con i tuoi obiettivi. Vuoi saperne di più? Contattaci